martedì 10 febbraio 2015

Maleducati turistici al lavoro 2 - La Cucina

Ed eccomi finalmente qui a parlare del mio secondo reparto preferito (il primo si sa...). Reparto purtroppo invaso da personaggi incompetenti ed improvvisati, vuoi per la reale durezza del lavoro, ben diverso da quello presentato nei vari cooking show/talent di cucina, vuoi per la pessima abitudine dei titolari di risparmiare sul personale, pensando che uno chef valga l'altro, un aiuto valga l'altro, un lavapiatti valga l'altro (e neanche per questi ultimi è così).
Sicuramente è impossibile per tutti avere una cucina d'eccellenza, una brigata competente e consistente nel numero rispetto ai coperti di cui occuparsi, ma un equilibrio nelle figure professionali va ricercato per evitare di incorrere in situazioni disastrose provocate da soggetti come quelli che sto per elencare.
  •  L'Atlante. Non quello geografico, intendo proprio il personaggio mitologico condannato a reggere il mondo. Si presenta millantando di reggere più cucine allo stesso tempo, si rivela pessimo sotto tutti i punti di vista: organizzativo, lavorativo, economico. Perde la stima della brigata, che lo calpesta, provocando enormi difficoltà all'hotel che ha avuto la sfortuna di fidarsi di lui. Se il resto della brigata se la cava senza di lui, c'è un doppio danno economico e il reparto è da monitorare: non sempre un bravo esecutore è un potenziale chef. 
  • Lo Yes man! Per lui la risposta è sempre sì, trasuda ottimismo da tutti i pori. Fino a quando non inizia a lavorare... Poi i sì li vuole come risposta alle sue domande di ingredienti strani, semilavorati, aggiunte di personale o cambi. E' quasi peggiore dell'Atlante, specie se manca del tutto di autorità e di autorevolezza. Una volta che la brigata lo scopre incapace di prendere la situazione in mano, si possono creare situazioni pericolosissime in cui il bene dell'azienda lascia il posto alle lotte interne per spodestarlo, con conseguenze gravissime per l'albergo. Ed epurazione di tutta la brigata avvelenata a fine stagione. 
  • L'uomo delle occasioni sprecate. Butta via l'occasione della vita, di fare il suo exploit come chef in una cucina che conosce bene, per (futili) motivi personali, privando il posto di lavoro della sua concentrazione e della dedizione che si era impegnato a dare. A parte il danno all'azienda, dovrebbe seriamente considerare se quello è realmente il mestiere per lui.
  • L'iracondo. Discreto esecutore, è il classico la cui carriera può bloccarsi esclusivamente per questioni legate al suo carattere. Gestire una cucina, fatta di persone oltre che di fuochi, non è cosa da gente più propensa a battere carne umana piuttosto che bovina, suina, ovina... Per quanto sia una caratteristica diffusa tra gli chef di cucina, non garantisce una stabilità psicologica all'interno del reparto e può seriamente compromettere l'importante quanto labile relazione con gli altri, compreso il mio. Per cui, per me è un "no".
  • Il cospiratore. Non lavora per il bene dell'azienda ma per mero tornaconto personale. Mostra le sue capacità quando ne ha l'occasione, per sminuire i superiori, poi però se serve un contributo senza gloria non esita a complicare le cose o a rimettersi le mani in tasca. Più comune di quanto non si possa credere, un vero mercenario di cui si acquistano i servizi ma non la fedeltà e di cui liberarsi quanto prima, perché capace di intossicare anche gli altri lavoratori del reparto.
  • Il timbratore del cartellino. Fa esclusivamente quello per cui l'hanno assunto, nelle ore concordate. Non esiste che dia una mano a fare un altro tipo di lavoro, sempre in cucina eh, né che si organizzi per fare tutto quello che deve, pulizie incluse, con il tempo a disposizione. Dove arriva, arriva, poi se ne va, lasciando spesso scenari apocalittici nello spazio a lui riservato. Le cose sono due: o gli si dà un assistente personale, o lo si timbra definitivamente fuori dall'hotel. Io voto per la seconda.
  • L'indispensabile. Potenzialmente un ottimo collaboratore, potenzialmente una bomba ad orologeria. Può essere un cuoco o un aiuto/jolly, che abitua la cucina a preparazioni che lui conosce, eseguite nel modo in cui le esegue lui. Mancando lui, mancano le sue preparazioni, pertanto qualsiasi direttiva o richiesta, per quanto irrazionale sia, diventa una sorta di ricatto morale. Più è indispensabile, più il reparto rischia di essere da lui tenuto in ostaggio. Se si sente minacciato, cerca di sminuire in tutti i modi quelli che ritiene i potenziali concorrenti. Pericoloso quanto utile, occorre un vero leader per gestirlo, altrimenti rischia di trasformarsi in un inconsapevole cospiratore, che però non mira alla responsabilità maggiore, mira narcisisticamente soltanto a sentirsi la colonna portante della brigata. 
Ovviamente questa è solo una lista temporanea di maleducati turistici in cucina, nel tempo sfortunatamente si andrà ad arricchire, ma è sufficiente per rendersi conto di come uno solo di questi elementi possa inficiare il lavoro di tutta una brigata, danneggiando il reparto più costoso, ma anche probabilmente quello che più trasmette il concetto di qualità della vacanza nel cliente. La cucina rappresenta un investimento continuo, ma è anche uno dei più importanti strumenti di marketing che l'albergatore ha a disposizione, quando i servizi più richiesti in hotel sono quelli di pensione.
Ripeto, non è possibile avere una cucina d'eccellenza al 100%, ma bilanciando bene gli elementi, prediligendo una "testa" che ragioni prima di azionare le mani, si può creare un ambiente lavorativo positivo, in cui gli esperti possano lavorare serenamente e gli apprendisti possano imparare, sentendo il bisogno di darsi da fare senza risparmiarsi (la passione per un mestiere è questo d'altra parte...).
Detta così pare facile.... ma è fare il "cacciatore di teste" che è difficile!!!!

lunedì 9 febbraio 2015

Albergatore Day - tiriamo le somme, anche per chi è lontano dalla capitale

Inizio questo post non programmato, ringraziando Federalberghi Roma per avermi dato la possibilità di partecipare, ormai più di due settimane fa, al suo evento.
Ovviamente alcuni argomenti trattati negli incontri previsti toccavano da vicino il cuore della capitale. In primis (tra l'altro era proprio il primo), legalità e decoro.
Conosco bene Roma, ci ho vissuto cinque anni e ci torno spesso. Non capita di rado di doversi guardare da scippi o di imbattersi in mercatini improvvisati da abusivi, con o senza banchetti in cartone. Per non parlare di quanto sporco non naturale si trova per strada: cartacce, sigarette, bottiglie, lattine... o, peggio, delle firme lasciate da sedicenti artisti di strada su muri, treni e qualsiasi altro oggetto imbrattabile, che questo sia di pregio storico-artistico o solo di pubblica utilità.
Gli operatori turistici sono indignati da tutto questo; ma pensiamo ai turisti, specie a quelli che viaggiano per migliaia di chilometri, investendo parecchio su una vacanza nella nostra splendida Italia, e poi si ritrovano in uno scenario come quello che chi vive e/o lavora a Roma si trova davanti agli occhi tutti i giorni (e neanche questo è giusto).
Rende ottimamente l'idea il video proiettato due volte durante la giornata del 28 gennaio

https://www.facebook.com/video.php?v=917666558268234&set=vb.131335040234727&type=3&video_source=pages_video_set

Un altro neo riguarda i trasporti. Più che concentrarmi sulle nuove metro da inaugurare e su quelle vecchie da migliorare (ricordiamoci che appena si scava a Roma si trova un nuovo strato di storia, non è facile incappare in percorsi sotterranei "liberi"), io rifletterei sulla vera inefficienza dei trasporti su gomma (ed anche su rotaia in superficie...). Non è possibile dover attendere 45 minuti un autobus, vederlo passare e non poterci neanche salire perché è pieno come una scatola di sardine ed anche le porte si bloccano ad ogni fermata, ad ogni discesa con risalita di passeggeri. Poi si aspetta ancora e ne passano due o tre della stessa linea, tutti insieme. Controllori? Ne avrò incontrati due o tre, tutti sui tram. E a proposito del mezzo che frequentavo di più durante i miei anni romani, alle otto di mattina nei pressi di Porta Maggiore è più probabile prendere un taxi gratis che salire su un tram "vivibile". Con gli anni, ho imparato a preferire 25 minuti di camminata a passo svelto piuttosto che 15 di viaggio sottovuoto. Ma io ho studiato vie, percorsi ed ancora ricordo perfettamente le linee che utilizzavo (o volevo utilizzare) per muovermi tra la zona in cui abitavo, San Giovanni, il centro e il Vaticano. Ed anche altre. Un turista, magari straniero, che con facilità arriva a Roma dagli aeroporti, una volta arrivato o prende la metro, o va a piedi, o perde un sacco di tempo e di pazienza. In altre parti dell'Italia "minore", dall'aeroporto alla stazione più vicina alla destinazione sarebbe stata una tragedia, da lì alla meta un pellegrinaggio, da un sito d'interesse all'altro un'impresa...
Salterei dunque ad una parte del dibattito "Turismo, energia del paese" che mi ha colpito particolarmente. Durante l'intervento del Commissario straordinario dell'Enit sono emersi degli argomenti che ho provveduto ad appuntare schematicamente sul mio blocco cartaceo, che altrettanto schematicamente riassumo qui:
  • L'Italia ha un basso tasso di ritorno del turista. Ci viene una volta e poi ci ripensa bene prima di tornarci. Inutile dire che per fare il giro solo del quadrilatero più famoso (Roma-Firenze-Milano-Venezia) non è possibile soggiornare meno di due settimane o tre, quindi o si fanno il "viaggio unico" (poco probabile) o restano scioccati dalla destinazione per vari motivi (degrado, costi -ricordiamoci anche delle varie "maggiorazioni ad hoc" per il turista operate da alcuni disonesti- scomodità varie, delusione delle aspettative).
  • L'Italia rischia di scivolare sotto la Germania e l'Inghilterra come numero di visitatori. Considerando le nostre risorse artistiche/culturali/storiche e quelle di cui la Natura ci ha fatto dono, beh, è veramente triste.
  • La promozione dell'immagine va fatta, certo, ma allo stesso tempo vanno migliorati i servizi al turista. E' quello che penso da quando mi interesso di turismo e promozione: non si può fare il marketing dell'aria fritta. Si promettono mari e monti, poi sono tutte cattedrali nel deserto irraggiungibili perché prive di collegamenti (questo è più il caso della mia zona di provincia) oppure le immagini scintillanti pubblicizzate si rivelano realtà fatiscenti.
  • La tassa di soggiorno, che dovrebbe essere reimpiegata a servizio del turismo, continua a far perdere quote. Certo, è stato un autogol clamoroso rimetterla, nella maggioranza dei casi serve soltanto ai comuni come introito dall'ignota destinazione. Serve a prescindere, va fatta pagare.
  • Sul sito Italia.it ancora non ci sono pagine in russo e in cinese. Onestamente ho visto molti più russi che cinesi in giro come turisti, ma il russo in vacanza al mare, in montagna e a fare shopping ci va. La capitale italiana dell'accoglienza turistica ha insegne spesso tradotte in russo, i suoi ristoranti hanno il menu tradotto anche in russo. Anche io dovrei sbrigarmi a farfugliare qualche espressione in russo, perché il russo (almeno per quello che ho visto nel mio microcosmo) la vacanza come l'italiano se la fa, è prezioso per noi
  • E' auspicabile che vengano ideati progetti comuni tra Enit e regioni... Ce la faremo?
E' seguita una parentesi interessante sul turismo congressuale a Roma, dove i congressi si tengono spesso in strutture alberghiere, data l'inesistenza di strutture adeguate che non debbano subire adattamenti come Auditorium e Fiera.
Ero già molto contenta della mattina, ma sapevo che il pomeriggio sarebbe stato davvero coinvolgente.
Utilissimo per gli albergatori è stato il sunto di tutti gli strumenti a disposizione per poter ottimizzare le assunzioni con varie tipologie di contratto. Certo, da lavoratrice dipendente (per ora), sono convinta che un lavoratore che tratta l'hotel come se fosse il suo sia una perla rara da trattare con il massimo riguardo. Ma quello che si fa con le perle rare non è il caso di farlo con tutti (il mio blog si sta arricchendo di cattivi esempi di colleghi...). Se ci sono possibilità che consentono di assumere a livelli diversi di fiducia, è giusto poterle utilizzare. La fiducia va guadagnata e va data al momento opportuno. Non mi dilungo su questa parte difficile da sintetizzare (e un po' articolata) e passo all'ultimo seminario in programma.
Mi ha piacevolemente sorpreso sentir trattare il tema del mercato online nel modo conciso e leggero con cui è stato fatto. Tenterò di essere all'altezza nel riassumerlo con il seguente elenco:
  • Distribuzione online: 20 giorni fa, ormai, Roma aveva 5.073 strutture solo su Booking.com. Si utilizzano troppi canali di distribuzione online e si sono fatti troppi anni di marketing disordinato. Il bravissimo Fabrizio Zezza ha più o meno parlato, come me un po' di tempo fa qui, di guerra dei prezzi al ribasso.
  • Parity rate: cioè vittoria dell'offerta piatta e del prodotto piatto. Con le ultime disposizioni Booking non può imporre la parity rate, ma di fatto può "farla desiderare" o meglio, può complicare il ritrovamento della propria struttura in mezzo a tante. Ma più che agire su quel canale (o meglio, sulla tariffa ad esso riservata, sul numero di camere si può agire benissimo), che rende in pubblicità,adesso finalmente si potrà farlo sui portalini a 0 prenotazioni per lustro, i cui operatori passano il tempo a monitorare le tariffe martellandoti per avere la tariffa più vantaggiosa.
  • Effetto billboard: ossia l'effetto di rimbalzo dall'Olta al proprio sito ufficiale, con contatto diretto seguente. Difficile da provocare: la presenza di tante strutture nello stesso portale di prenotazione online porta all'abbassamento della tariffa media (la guerra dei prezzi al ribasso insomma) e pertanto sarà complicato farsi trovare, notare e raggiungere all'esterno, finalizzando una vendita diretta che ormai è minacciata dalla dipendenza delle strutture dalle Olta.
  • Canali opachi: esistono altri portali minori, collegati alle Olta con le quali si ha un contratto, che vendono la struttura ad una tariffa più vantaggiosa di quella ufficiale. Attenzione a cosa si acconsente nel contratto...Ottimo il suggerimento di utilizzare il metamotore Hotels Combined per controllare in che modo viene venduta la propria struttura.
  • Web e brand hijacking. Una sorta di pirateria virtuale utilizzata per scavalcare un'azienda, creando il clone del suo sito (simbionte).
Dopo la carrellata di pericoli del mercato online, Fabrizio Zezza ha proiettato un elenco di parole chiave per salvare l'anima dell'hotel (e non solo)

  1. Qualità. Italia e made in Italy devono esserne l'emblema, accoglienza inclusa.
  2. Ospitalità. Lo Staff è la struttura umana dell'hotel. Bisogna sceglierlo essendone consapevoli.
  3. Efficienza: controllo, formazione, selezione del personale. Ah, parola adorata!!! E la formazione... Ogni anno spero che al personale, specie quello nuovo - o quello non cresciuto professionalmente - , vengano imposti dei giorni di formazione pre-stagionali. Metterebbero in chiaro come si lavora ed eviterebbero problemi vari. Basterebbero i capi servizio (seri) a tenerli. Anche perché sono loro poi a doverci lavorare.
  4. Contrattare. 
  5. Rendere esclusivo il canale diretto, con trattamenti esclusivi riservati al cliente che prenota direttamente, da scoprire magari in una parte del sito dedicata.
  6. Cloud della qualità: strutture di qualità danno prestigio alla destinazione, rendendola di qualità. 
Spero di aver riassunto bene tutto quello che sono riuscita a carpire in un'intensa giornata a Roma (e di non aver preso cantonate soprattutto...).
Mi permetto di chiudere questo lungo post con dei numeri impressionanti dell'Osservatorio Nazionale del Turismo, che sono passati più volte sotto il mio sguardo all'Albergatore Day.
Il contributo totale del turismo all’economia italiana nel 2013 è stato pari a 159,6 miliardi di euro, pari al 10,3% del PIL.
L’impatto economico del turismo si riflette in maniera rilevante sul mondo del lavoro, con oltre 2,6 milioni di posti direttamente e indirettamente generati nel 2013, pari all’11,6% dell’occupazione totale del Paese.

Degrado, servizi insufficienti, eventi insufficienti, non interessanti e/o mal organizzati, tasse su tasse tartassano un settore che potrebbe aumentare drasticamente la sua influenza sull'economia italiana e di conseguenza sull'occupazione in Italia.
Sono la prima a sostenere che ci vogliano tasse più eque ma controlli inflessibili, regole semplici ma da far rispettare rigidamente, però passano gli anni e qui non cambia nulla, se non in peggio.