lunedì 23 marzo 2015

Internet, i professionisti del virtuale e la professionalità virtuale

Avevo in programma di scrivere un post sui vari "manager" dell'accoglienza e della ristorazione, però poi ho dovuto ritardare l'approfondimento di alcune figure e quindi non sono ancora pronta per l'"emissione"...

Da pioniera di internet, ricordo con nostalgia quegli anni in cui la rete era frequentata da pochi, spesso tacciati di essere asociali e "nerd".
Anche allora ci si poteva creare un personaggio virtuale che non aveva niente a che vedere con la persona reale, ma il più delle volte diventava una sorta di alter ego attraverso il quale esprimere la propria natura, senza le inibizioni che le convenzioni sociali e l'occhio della "gente" provocavano.

Ora, da una parte abbiamo una realtà virtualizzata, con esibizionismo e chiacchiere da bar (o da terrazza) conseguenti ("guarda quello che fa... ma come si veste... ma con chi esce... ecc."), dall'altra parte sussiste la realtà virtuale, attraverso la quale si perpetuano inganni e truffe sentimentali e non solo.

Perché la rete ha fatto fioccare una serie di professioni che si basano sul virtuale... ma ha anche permesso a molti di crearsi una professionalità virtuale nei più disparati campi.

Collego ora tutta questa manfrina introduttiva al mondo dell'accoglienza e della ristorazione.


  • Web marketing/social media marketing manager e affini. Più virtuale non si può. Ok, ma come faccio a capire quando sono un operatore semplice e quando sono un manager? Chi mi dà "i gradi"? Me li do da solo? Se me li do da solo, scrivo subito manager sul curriculum... E se le mie campagne si dimostrassero banali ed inefficaci (se facessero schifo, per farla breve), continuerei ad essere un manager??? Chi mi toglierebbe il massimo titolo?
  • Revenue manager. Sembra quasi che ce l'abbia con loro... ma non è così!!! Per quanto si sforzino di dire che ogni struttura debba avere un piano su misura (giustissimo), sono ancora convinta che di base ci sia una ricettina che debba funzionare come una specie di sanatoria per tutte le strutture alberghiere e per tutte le destinazioni, anche quelle che ancora non esistono, una ricettina per ogni scuola di pensiero ovviamente. La sanatoria non funziona se un albergo aperto tutto l'anno finisce per chiudere d'inverno (purtroppo è una cosa verificata di persona). Comunque, non è questo il punto. Tutte le gerarchie dei reparti si sono impoverite negli anni (ahimé)... Allora questo revenue manager sarebbe una figura da inserire nella mia gerarchia di back office (quando non coincide anche con il front office, cosa che accade nella maggior parte degli hotel) o un professionista che mi devo pagare a parte, che non vive l'albergo tutti i giorni e non può conoscerne tutti i particolari? Ingaggiare un consulente può essere un'arma a doppio taglio... Poi certo, se si ha bisogno di questo per capire che il personale a disposizione è scarso, ne sarà anche valsa la pena... Ma circa queste figure, io mi chiedo se alla lunga stare lontani dal lavoro reale non vada ad inficiare la capacità di giudizio... Si diventa un tecnico della tariffa, ma ci si riesce ad aggiornare sull'evoluzione dell'accoglienza e della clientela senza averci più a che vedere direttamente?
  • Food blogger. Ahhh, che persone fortunate!!! Cucinano a casa, si fanno foto e video, spiegano le proprie ricette e... questo diventa un lavoro. Arrivano regali e sponsor, inviti a trasmissioni televisive, partecipazioni a talent di cucina. Il pubblico non li distingue da cuochi e chef di cucina, che hanno passato l'adolescenza a lavare piatti, tagliare verdure, pulire pesce ecc. Bisognerebbe vedere cosa combinano in una cucina vera con tempi molto ristretti... Questo non toglie loro il merito di rendere disponibili gratuitamente le loro ricette, specie quelle che normalmente, passando di madre in figlia, sarebbero andate irrimediabilmente perse con le nuove generazioni. Hanno creato un'enciclopedia virtuale della cucina casalinga insomma, preziose ricette della nonna incluse. Ma tra questo e la parola Chef ne passa....
  • Artisti del piatto fotografato e critici della visione gastronomica. Sia ben chiaro che c'è in giro gente veramente valida, che condivide i propri successi e che produce critiche costruttive e consigli di fronte ad un piatto che non incontra il suo parere positivo. Ci sono anche principianti che vogliono imparare e che hanno bisogno di incoraggiamento. Quella che può essere un'ottima occasione di confronto tra professionisti del settore (e quelli ad essi collegati, come la sottoscritta), diventa una specie di gogna virtuale, dove presunzione ed inesperienza fanno da giudici e inquisitori. Certo, è difficile mettere d'accordo tante persone con esperienze e gusti diversi, ma dalla critica all'insulto spesso il passo è breve. Ci sono gli amanti della forma più che della sostanza, i fan di spugne, "arie" e schiumette (io non sono tra questi), quelli della cucina tradizionale pura, quelli di un equilibrio tra tradizione e modernità. Ci sono i cuochi da hotel, da trattoria, da ristorante medio-alto, da stella. Stili diversi e per questo non direttamente confrontabili. Non serve essere cuoco per capirlo, serve un po' di buon senso.

    Per chiudere la cucina, prima di chiudere la lista, spendo qualche riga sui "quaquaraquà dei fornelli". Gente che ha ben gonfiato il suo ego virtuale, che si permette di mettere becco senza aver capito ciò di cui si parlava, che non accetta di aver frainteso i discorsi e quindi pur di non dire "ho capito male" arriva agli insulti, che non fa neanche sfoggio del suo posto di lavoro né delle sue creazioni (chissà perché).
    Una tal persona può avere anche tre stelle Michelin, ma non la prenderei a lavare i piatti né a togliere le ragnatele per la sua manifesta ignoranza, anche nei modi, che non permette un'adeguata comunicazione a nessun livello. E in cucina, come in strutture multireparto, come gli alberghi, è una cosa fondamentale.
Il web è prezioso se usato correttamente... Purtroppo ormai è un riflesso esasperato della realtà, dove tutto è possibile e dove i venditori di fumo trovano il modo di dare concretezza al loro prodotto, dove i qualificati si trovano sullo stesso livello degli autorefenziali, basta gonfiare un po' di variabili.

Ovviamente non ho incluso il recensore tra i nuovi "professionisti" del virtuale, nonostante si dica che molti ne facciano un business (mi sono più volte imbattuta in persone che dichiaravano di scrivere recensioni per lavoro...).

Più passa il tempo, più mi convinco che le abitudini ed i gusti personali guidino le dita sulla tastiera, insieme ad una buona dose di impulsività. Si può considerare il giudizio medio, ottenuto dopo centinaia di recensioni... Ma che dire dei non-recensori? Come si fa a sapere se loro concordano, quando magari rappresentano oltre il 90% della clientela di quella struttura o quel ristorante?
Non si può. Si può solo non dare eccessiva importanza a quello che si legge.

Riflessioni turisticamente maleducate incluse!