lunedì 28 gennaio 2019

“Il cliente ha le sue ragioni, che la ragione non conosce” 3 - i tour operator e il costo di soddisfare il cliente a tutti i costi



Il mio “domani” si è fatto attendere, chiedo venia!

 
Ero rimasta più o meno qui: cosa può comportare, nel medio e lungo termine, l’idolatrare il cliente da parte dei tour operator? Mi ricollego un attimo al mio post precedente, prima di proseguire e chiudere questo argomento.

Una mia amica e collega, di cui ho la massima stima perché è veramente in gamba, mi ha fatto notare che non ho menzionato le assicurazioni nel mio ultimo post, completando il discorso anche con il motivo per il quale non lo avrei comunque dovuto fare: l’assicurazione non rimborsa ciò che non deve.

Infatti ho saltato la faccenda “assicurazione” proprio perché volevo trattare vicende che non includono i motivi gravi per i quali questa viene stipulata.

  • Non è per un’oggettiva “vacanza rovinata”, di cui si parla da un po’ di tempo, che i clienti credono di avere il diritto ad essere rimborsati - e le clausole che siamo obbligati a firmare sui contratti coi soliti tour operator, ma non solo con loro, ne sono una palese dimostrazione.

  • Non tutti sono in grado di scindere l’esperienza soggettiva dalla qualità oggettiva di quello che hanno pagato.

Quindi, la “vacanza rovinata” per la quale chiedere un rimborso, in realtà, è una vacanza non all’altezza delle aspettative del cliente. Aspettative che si è creato lui, giuste o esagerate, comunque soggettive, oppure anche aspettative indotte da chi aveva premura di vendere.

Per evitare la perdita del cliente, oltre che per evitare che la “brand reputation” precipiti, che farà il nostro operatore?

  • Si procurerà un indennizzo per calmare il cliente (indovinate presso chi...);
  • Adotterà la tecnica dello “scarica barile” per restare “pulito” ai suoi occhi.

Questo è soltanto uno degli esempi più eclatanti del modo, a mio avviso errato, in cui il mondo dei viaggi, e di conseguenza anche parte del mondo dell'ospitalità -attivamente o passivamente-, stia perseguendo la customer satisfaction.

Capisco, in parte, che questa sia una “reazione uguale e contraria” per “vendicarsi” di quello che alcuni clienti, negli anni, hanno subito da truffatori e pessimi gestori (con pessimo personale), di cui ancora non riusciamo a liberarci.

Ma un conto è combattere la disonestà e la mancanza di professionalità in questo settore, un altro conto è snaturare i nostri servizi e piegarsi a qualsiasi capriccio di chi li acquista.

È inoltre estremamente pericoloso applicare il “soddisfatto o rimborsato” ad un prodotto complesso come una vacanza, ma anche un semplice soggiorno, poiché molti criteri adoperati dal cliente per giudicare questo tipo di prodotto sono proprio soggettivi.

Orientarsi al cliente è ben diverso dal diventarne schiavo: lasciargli credere che i suoi desideri siano diritti, magari già inclusi nel prezzo, è la strategia corretta per avere un numero crescente di lamentele da gestire.

Al primo desiderio non soddisfatto, alla successiva aspettativa delusa, ecco che il cliente sarà nuovamente scontento. Si potrà dare la colpa di nuovo al fornitore? Questo accetterà di rimborsare ciò che non gli compete? Quanto tempo passerà prima che anche lui si stufi e preferisca altri canali di vendita?
Capisco che le OTA/OLTA abbiano portato scompiglio anche e soprattutto tra coloro a cui hanno “rubato il lavoro”, oltre che tra le strutture che si sono viste obbligate a collaborarci, e che si vedono aumentare le vendite intermediate, però non si rimane a galla sfinendo il fornitore, obbligandolo a delle condizioni che da pesanti stanno diventando inaccettabili, con tutte le conseguenze del caso.

Cancellazione gratuita a pochi giorni dall’arrivo, in destinazioni per le quali trovare un rimpiazzo per una camera disdetta all’ultimo minuto è difficile, rimborsi per le più disparate mancanze immaginarie, “cortesie” che diventano “diritti”, release “elastico” a nostra insaputa, fette di …?

E loro cosa ci mettono

Forse non è solo il nostro modo di lavorare il problema... È più facile dare la colpa a noi, ed estorcerci delle concessioni che agli occhi del cliente passano per “trattamenti esclusivi se prenoti con loro”, che passarsi una mano sulla coscienza e chiedersi se il loro modo di vendere vada ancora bene nel 2019. 

Spremerci fino al midollo non sarà mai abbastanza per soddisfare le aspettative sempre più alte dei loro clienti e prima o poi ci tireremo indietro, continuando a rivolgerci a chi è capace di farsi un giudizio più oggettivo di ciò che riceve – o chi magari, nel frattempo, ha maturato la capacità di farselo.

Allora chi lavora bene, rispettando clienti e collaboratori, lavorerà lo stesso e chi lavora male lavorerà meno e se lo sarà anche cercato… Sia dal lato “travel” che dal lato “hospitality”.

Maleducati ossequi.

LaReception

lunedì 14 gennaio 2019

"Il cliente ha le sue ragioni, che la ragione non conosce" 2 - ovvero i tour operators e le pratiche autolesioniste, nel medio e lungo termine, riguardo la soddisfazione del cliente

Riprendo da dove ho lasciato

In quest’era digitale, come possono mantenere i tour operators attiva, e in attivo, la parte dei viaggi che riguarda destinazioni sicure, che ormai la maggior parte delle persone è in grado di prenotare da sé, direttamente dallo smartphone tra l’altro?

  1. Condizioni molto vantaggiose, se non le più vantaggiose (no, non ce la faccio a riscriverlo!)
  2. Rimborso nel caso qualcosa vada storto.

E dunque, partiamo dal punto n. 2

Che significa “nel caso qualcosa vada storto”?

  1. Il servizio prenotato in hotel non corrisponde a quello che l’hotel ha promesso?
  2. Il servizio prenotato in hotel non corrisponde alle aspettative del cliente riguardo allo stesso?

Ma se il motivo non è lo stesso del punto I, perché la realtà non corrisponde alle aspettative del cliente? È il cliente che non comprende cosa ha comprato, per cui non è soddisfatto dell’acquisto, perché si aspettava qualcosa di diverso, oppure l’esigenza di vendere spinge ad alimentare le aspettative del cliente ben oltre la realtà che troverà?

Il cliente, ad ogni modo, è scontento, o almeno così si mostra una volta tornato a casa.
E qual è il punto debole, usando il quale si potrà evitare che il cliente non voglia partire più con quel tour operator?

Il portafogli, ovvio.

Quindi, perché non promettere un bel rimborso in caso di “vacanza infelice, per qualsiasi motivo”? E chi, secondo voi, rimborserà questa infelicità? Il tour operator? Certo, al cliente sembrerà questo e sarà contento di essere stato preso in considerazione (e di essersi fatto una vacanza sotto costo…).
In realtà chi paga? È scritto in tutte quelle clausole nei contratti con certi tour operators che hanno adottato questa politica per tenersi stretti i clienti… Ma nel caso ne arrivi uno un po’ “piantagrane” in hotel, quante sono le probabilità che si procuri qualche prova che il soggiorno non è stato come promesso sul catalogo e che vada a chiedere il rimborso per la “vacanza infelice”?

A ritroso tocco anche il punto 1, offrire le condizioni più vantaggiose. Il che significa, fondamentalmente, “tirarci il collo” con le commissioni e le offerte, come ben insegnano le OTA, a fronte del miglior trattamento possibile quanto a qualità del soggiorno e, come ben insegnano le OTA, politiche di cancellazione particolarmente favorevoli per il cliente.

Bene, a chi lavora al mare, come me finora, se arriva una cancellazione sotto data per un bel soggiorno ad agosto prende un infarto secco, perché significa che dovrà inventarsi la vendita di quella stanza per un incasso almeno pari a quello perso. Se si prevede una “tempesta tropicale”, o se i giornalisti sparano una “forte scossa di terremoto” che neanche i locali hanno percepito, e tutti corrono a cancellare il soggiorno sotto data, cosa facciamo, andiamo in ferie?

Nel prossimo post metterò da parte i nostri interessi per parlare di quello che può comportare a medio e lungo termine questa divinizzazione del cliente. Al massimo domani…

Maleducati ossequi.

LaReception

“Il cliente ha le sue ragioni, che la ragione non conosce” - 1 ovvero i tour operators e le pratiche autolesioniste, nel medio e lungo termine, riguardo la soddisfazione del cliente

Lo so, ho trascurato ancora questo spazio, tra la re-iscrizione all’università (eh sì, ho deciso che era ora di concludere un percorso interrotto diversi anni fa, con molto dolore), le maratone festive e la maledetta influenza; ma prima di concludere la serie che avevo iniziato qualche mese fa, mi premeva trattare un tema a me molto caro.

Fino a non molti anni fa, la gestione “analogica” delle comunicazioni permetteva ai furbi di vendere camere inesistenti in hotel di fantasia, accogliendo i clienti all’arrivo con l’amara verità di aver prenotato un soggiorno diverso da quello che era stato loro proposto. Per contrastare questo fenomeno, che in alcuni casi (non so come) continua a persistere, chi si faceva garante con il cliente del soggiorno acquistato ha iniziato ad adottare delle misure che lo tutelassero, misure vessatorie nei confronti della struttura che “rifilava la sòla”.

Perfettamente giusto. Credo nell’onestà nel nostro lavoro: il cliente deve sapere le cose come stanno ed essere libero di scegliere - ed essere onesti paga. Ed è giusto che i disonesti paghino.

Cos’è cambiato, però negli ultimi anni, da quando l’internet è per tutti e la tecnologia “a buon mercato”?

1. Il turista fai-da-te di una vecchia pubblicità ha a disposizione decisamente molti più contenuti di venti anni fa e prendere una fregatura è molto meno probabile. Quindi, magari, sente meno la necessità della “protezione” fornita dall’agenzia e dal tour operator.
2. Lo stesso turista, grazie ad app e siti di facile utilizzo, riesce a prenotare tutto ciò che gli serve, almeno per le mete sicure. Quindi, sente di meno la necessità di essere aiutato dall’agenzia e di appoggiarsi al tour operator.
3. Se il cliente è ancora “analogico”, o fidelizzato, e qualcosa va storto con quel tour operator, è probabile che il cliente per il prossimo viaggio non lo scelga, o che cambi anche agenzia. O che si impratichisca e diventi turista fai-da-te, o si faccia aiutare da parenti e amici.

Ora lasciamo stare i primi due punti.
Veniamo al terzo.

Come tenersi stretto il cliente?

1. Cercando di riservargli il miglior trattamento, scegliendo le migliori strutture al miglior prezzo (mi viene l’orticaria solo nello scriverle, queste ultime tre parole), offendogli il miglior viaggio al miglior prezzo (…), pur guadagnandoci sopra, programmi fedeltà, ecc…
2. Assicurandogli che, se qualcosa andasse storto, avrebbe un rimborso.

Lasciamo stare il punto 1, almeno all'inizio.

Il punto 2 lo sviluppo nel mio prossimo post, ma vi farò attendere solo qualche ora… Non voglio abusare della vostra attenzione.

Maleducati ossequi.

LaReception