Il mio “domani”
si è fatto attendere, chiedo venia!
Ero rimasta più o meno qui: cosa può comportare, nel medio e lungo termine,
l’idolatrare il cliente da parte dei tour operator? Mi ricollego
un attimo al mio post precedente, prima di proseguire e chiudere
questo argomento.
Una mia amica e
collega, di cui ho la massima stima perché è veramente in gamba, mi
ha fatto notare che non ho menzionato le assicurazioni nel mio ultimo
post, completando il discorso anche con il motivo per il quale non lo
avrei comunque dovuto fare: l’assicurazione non rimborsa ciò che
non deve.
Infatti ho saltato
la faccenda “assicurazione” proprio perché volevo trattare
vicende che non includono i motivi gravi per i quali questa viene
stipulata.
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Non è per un’oggettiva “vacanza rovinata”, di cui si parla da un po’ di tempo, che i clienti credono di avere il diritto ad essere rimborsati - e le clausole che siamo obbligati a firmare sui contratti coi soliti tour operator, ma non solo con loro, ne sono una palese dimostrazione.
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Non tutti sono in grado di scindere l’esperienza soggettiva dalla qualità oggettiva di quello che hanno pagato.
Quindi, la “vacanza
rovinata” per la quale chiedere un rimborso, in realtà, è una
vacanza non all’altezza delle aspettative del cliente. Aspettative
che si è creato lui, giuste o esagerate, comunque soggettive, oppure
anche aspettative indotte da chi aveva premura di vendere.
Per evitare la
perdita del cliente, oltre che per evitare che la “brand
reputation” precipiti, che farà il nostro operatore?
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Si procurerà un indennizzo per calmare il cliente (indovinate presso chi...);
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Adotterà la tecnica dello “scarica barile” per restare “pulito” ai suoi occhi.
Questo è soltanto
uno degli esempi più eclatanti del modo, a mio avviso errato, in cui il mondo dei viaggi, e di conseguenza anche parte del mondo dell'ospitalità -attivamente o passivamente-, stia perseguendo la customer satisfaction.
Capisco, in parte, che questa sia
una “reazione uguale e contraria” per “vendicarsi” di quello
che alcuni clienti, negli anni, hanno subito da truffatori e pessimi
gestori (con pessimo personale), di cui ancora non riusciamo a
liberarci.
Ma un conto è
combattere la disonestà e la mancanza di professionalità in questo
settore, un altro conto è snaturare i nostri servizi e piegarsi a
qualsiasi capriccio di chi li acquista.
È inoltre
estremamente pericoloso applicare il “soddisfatto o rimborsato”
ad un prodotto complesso come una vacanza, ma anche un semplice
soggiorno, poiché molti criteri adoperati dal cliente per giudicare
questo tipo di prodotto sono proprio soggettivi.
Orientarsi al
cliente è ben diverso dal diventarne schiavo: lasciargli credere che
i suoi desideri siano diritti, magari già inclusi nel prezzo, è la
strategia corretta per avere un numero crescente di lamentele da
gestire.
Al primo desiderio
non soddisfatto, alla successiva aspettativa delusa, ecco che il
cliente sarà nuovamente scontento. Si potrà dare la colpa di nuovo
al fornitore? Questo accetterà di rimborsare ciò che non gli
compete? Quanto tempo passerà prima che anche lui si stufi e
preferisca altri canali di vendita?
Capisco che le
OTA/OLTA abbiano portato scompiglio anche e soprattutto tra coloro a
cui hanno “rubato il lavoro”, oltre che tra le strutture che si
sono viste obbligate a collaborarci, e che si vedono aumentare le
vendite intermediate, però non si rimane a galla sfinendo il
fornitore, obbligandolo a delle condizioni che da pesanti stanno
diventando inaccettabili, con tutte le conseguenze del caso.
Cancellazione
gratuita a pochi giorni dall’arrivo, in destinazioni per le quali
trovare un rimpiazzo per una camera disdetta all’ultimo minuto è
difficile, rimborsi per le più disparate mancanze immaginarie,
“cortesie” che diventano “diritti”, release “elastico” a
nostra insaputa, fette di …?
E loro cosa ci
mettono?
Forse non è solo il nostro modo di lavorare il problema...
È più facile dare la colpa a noi, ed estorcerci delle concessioni
che agli occhi del cliente passano per “trattamenti esclusivi se
prenoti con loro”, che passarsi una mano sulla coscienza e
chiedersi se il loro modo di vendere vada ancora bene nel 2019.
Spremerci fino al midollo non sarà mai abbastanza per soddisfare le
aspettative sempre più alte dei loro clienti e prima o poi ci
tireremo indietro, continuando a rivolgerci a chi è capace di farsi
un giudizio più oggettivo di ciò che riceve – o chi magari, nel
frattempo, ha maturato la capacità di farselo.
Allora chi lavora
bene, rispettando clienti e collaboratori, lavorerà lo stesso e chi
lavora male lavorerà meno e se lo sarà anche cercato… Sia dal
lato “travel” che dal lato “hospitality”.
Maleducati ossequi.
LaReception