martedì 17 ottobre 2017

Ricerca di nuovi business, metodi vecchi. Perché i buyers dovrebbero continuare a venire alle nostre fiere?


Per quello che, di fatto, è il mio lavoro principale, i miei primi (ed unici) pensieri vanno sempre all’incoming ed all’hospitality. Ed è con la mente rivolta verso questi pensieri che ho partecipato anche quest’anno ai 4 giorni di fuoco riminesi: Hospitality Day prima e TTG poi.

Il primo si conferma un appuntamento che arricchisce il visitatore, per i temi trattati e per le novità che gli organizzatori riescono sempre a presentare, con relatori e realtà dall’estero. Quello che dispiace è il dover scegliere tra troppi speech nella stessa fascia oraria, cosa che porta a far ammassare i partecipanti in alcune tra le sale, nonostante la varietà dei temi trattati in contemporanea che dovrebbe distribuire bene la “domanda”. In teoria. Gli espositori, invece, credo siano stati ben collocati già rispetto alla scorsa edizione.
Lasciare l’appuntamento gratuito comporta questi disguidi, però effettivamente un biglietto d’ingresso “umano” aiuterebbe l’organizzazione, senza gravare troppo sulle tasche di chi passa per aggiornarsi, più che per fare business. Anche se un occhio sugli stand casca sempre ed una parola con un depliant arrivano comunque in hotel. Almeno per quanto mi riguarda (per la gioia del direttore che si trova la posta intasata…).

Il secondo ha dei numeri in crescita. La riunione di tre manifestazioni nello stesso lasso di tempo sicuramente aiuta a contenere i costi di ciascuna e ad aumentare l’affluenza. La cosa che più mi ha fatto riflettere, però, è il nostro modo di fare promozione.
Siamo nel 2017, c’è Internet, ognuno ha il suo sito e c’è modo di contattare chiunque senza spendere tempo né soldi per andare a Rimini. In fiera devi portare te stesso (inteso come territorio), per presentarti a chi ti ha già contattato (nei sellers), ma hai l’occasione di farti conoscere anche a chi non ti ha contattato (e questo vale per territorio e sellers). 
Ma per accendere la curiosità nei confronti di posti che un buyer, che abita a centinaia o migliaia di chilometri di distanza, non potrà mai conoscere, serve qualcosa che faccia dire: “wow!”.

Siamo italiani.
Ci mancano i bei luoghi, in Italia? Direi proprio di no.
Ci mancano i creativi, in Italia? Nemmeno.
Ci mancano i cervelli, in Italia? Forse, se non smettono di fuggire, tra un po’ ci mancheranno, ma al momento ne abbiamo ancora alcuni…

E allora perché perdiamo le nostre occasioni con questa allucinante superficialità?
Opuscoli, libri e applicazioni con gli stessi contenuti “analogici”.

Niente di tanto moderno da facilitare l’esperienza “a distanza”, niente di tanto autentico da entrarti nel cuore e farti venire voglia di conoscere di più certe destinazioni. Con le dovute eccezioni, anche italiane, che si sono fatte un nome ed un numero sempre crescente di visitatori. Sappiamo tutti a quale regione italiana mi riferisco.

Quindi, un malcapitato buyer, che passa davanti allo stand di una destinazione che non aveva considerato, prima di partecipare alla fiera, non trovando nient’altro che opuscoli piatti ed hostess carine e giovani che ricaricano il desk con gli stessi, molto probabilmente continuerà a non considerare la destinazione.

Ci sarebbe anche da parlare di collegamenti, del fare bella mostra di luoghi impervi nei quali i visitatori non troveranno praticamente nulla di “paraturistico”, sempre che ci arrivino, terminando la loro esperienza a guardare, da fuori, un edificio del quale anche gli orari di apertura non sono chiari, se non alla terza pagina dei risultati della ricerca su di un motore, in un sito ignoto. O di luoghi “turistici”, che fanno pagare la tassa di soggiorno per regalare un’esperienza completamente fai-da-te, inclusi la multa per il parcheggio "blu" non pagato, perché le insegne e le istruzioni del parchimetro sono solo in italiano, e/o lo IAT chiuso o con materiale degli anni 80 e personale impreparato.

Ma più che scrivere un post, dovrei scrivere un libro.

Maleducati ossequi.

LaReception

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