giovedì 26 maggio 2016

La differenza tra "me"/impresa turistica e "te"/ospitalità in sharing economy 1 - perché scegliere un alloggio in sharing economy?

Prima di parlare dei diversi impegni nei confronti dello Stato, prima, e della concorrenza, poi, voglio concentrarmi su altri aspetti, quelli legati propriamente all'esperienza del viaggio.

Premetto che, lavorando in albergo, la mia vacanza non lo prevede (l'albergo).
Il perché è semplice: continuerei involontariamente ad esaminare qualsiasi cosa, dallo zerbino d'ingresso al colore dei contorni del piatto doccia, dall'accoglienza iniziale all'attenzione in sala colazioni, dalla qualità dei materiali e delle materie prime alla qualità del servizio. In pratica, il mio cervello continuerebbe a lavorare.

Un'ospite potenziale perfetta per un "host" che arrotonda con la sua "stanza per gli ospiti". Non è proprio così, anche se devo confessare di averci fatto un pensiero, più di una volta, per ripiegare poi su classici ostelli, economici e dall'ambiente condiviso prevedibile, oppure su b&b e affittacamere tradizionali, compatibili col mio bisogno di riposo mentale e con le mie tasche.

Io ho rinunciato a questa esperienza di ospitalità, ma cosa spinge un viaggiatore a scegliere un alloggio in sharing economy? 

  • Il prezzo? Forse la risposta più ovvia.
    1. In albergo una camera vuota ti costa il doppio, dice il direttore. Hai dei costi fissi per stanza e, non contando la limitata disponibilità di stanze per eventuali offerte speciali o tariffe base da revenue, hai una tariffa media proporzionale al tuo livello, non "a braghe calate". Sempre che tu non voglia contribuire a dare il colpo di grazia al mercato già rovinato dalle pensioni complete a 29 euro in piena stagione. 
    2. A casa paghi le tasse anche per quei metri quadri, d'inverno accendi il termosifone anche lì ma, in fondo, finisce lì. Non c'è questo gran bisogno di coprire pesanti costi fissi. Questo se sei a casa tua e quella è la stanza degli ospiti, quindi, rispettando l'etica che anima la sharing economy, il prezzo della tua condivisione è decisamente più basso rispetto alla tariffa di un albergo. 
    3. In un b&b o affittacamere trovi una tariffa mediamente più bassa di un albergo; anche qui i costi fissi sono molto diversi. In questo caso però si parla di ricettività extra-alberghiera regolata da leggi, sia in caso di forme imprenditoriali che in caso di forme non imprenditoriali. E non sconosciuta al fisco.
     
  • L'ambiente più informale? 
    1. L'albergo da 3 stelle in su non è il massimo dell'informalità, posso capire. Rimangono quelli a 1 e 2 stelle.
    2. Una casa che apre le porte ad ospiti sconosciuti, raccomandati dalla community, difficilmente sarà un ambiente formale. Il rischio di un eccesso di informalità da parte del guest o dell'host a mio avviso è abbastanza alto... Only the brave!
    3. Prendi una stanza in un appartamento con altre persone, che non sono a casa loro e che soggiornano, come te, per un breve periodo. Se non hai la "sfiga" (passatemi il termine) di beccare la comitiva alcolizzata molesta, può andare quanto a informalità... 
     
  • L'accoglienza familiare? Su questo c'è molto da riflettere...
    1. Nessuno prenota un 5 stelle lusso per avere un'accoglienza informale e familiare. Non c'è niente di peggio che essere lontano da casa, per lavoro o per svago che sia, ed essere "accolti" da gente antipatica, indisponente e altezzosa che sembra stia lì per farti un favore anziché per servirti. E' un mestiere a servizio questo, soprattutto se sei tu l'imprenditore; i sorrisi sono gratis e i clienti non devono pagare eventuali malumori interni all'azienda: i clienti pagano per stare bene.
    2. Più in famiglia di così! Il rischio è di trovarsi fagocitati proprio dalla famiglia ospitante e dalle sue abitudini. I nostalgici delle scuole superiori e delle esperienze all'estero in famiglia non avranno problemi!
    3. In affittacamere e b&b è possibile trovare persone accoglienti, come anche i soggettoni del punto 1 che non dovrebbero fare questo mestiere, ma la cosa è decisamente meno probabile. Spesso si ha a che fare con il gestore oppure con uno dei suoi familiari, quindi con persone che hanno interesse che l'ospite sia contento (e faccia un buon passaparola).

E' un'analisi blanda questa, superficiale, ma vuole solo dimostrare che chi sceglie un alloggio in sharing economy lo fa principalmente per una questione di prezzo: la scelta consapevole della condivisione, l'informalità e l'accoglienza familiare sono aspetti meno che secondari.
Tutto ciò rende la "stanza per gli ospiti" un concorrente sleale per alberghi e strutture ricettive extra-alberghiere soltanto se la stanza non è una sola, ma una serie di stanze in uno o più appartamenti, e se, dunque, dietro la promessa della famiglia che ti accoglie in casa sua, si nasconde di fatto un'impresa alberghiera a tutti gli effetti. Abusiva. Che non segue le stesse regole di chi si è messo in regola. Regole (soprattutto a livello di sicurezza, particolarmente la pubblica, e di fisco) che, nel suo piccolo, anche la "stanza degli ospiti" ha e deve rispettare, altrimenti l'host diventa un contribuente sleale e un cittadino che mette a rischio la sicurezza propria e altrui.


Quanto all'accoglienza familiare, seppure decisamente secondaria nella scelta discussa, in realtà questa è un punto fondamentale su cui riflettere parlando dell'ospitalità in genere e sulla crescita necessaria per il nostro settore. O meglio, per il recupero necessario....

Non qui però, non subito... Nel prossimo post mi concentrerò sulle regole, sulla concorrenza, sull'ambiguità e su altri aspetti problematici di questo sistema e delle sue relazioni con l'altra parte del mercato turistico, burocratizzata -troppo- e regolamentata -troppo- fin nei minimi dettagli -troppi-. Che anche così, comunque, fa acqua da tutte le parti...

Maleducati ossequi.

LaReception



La "stanza degli ospiti": condivisione oppure impresa? Sharing economy Vs Hospitality - Introduzione

Anche la maleducazione va in letargo!
Ho tardato un po' a risvegliarmi, come la bella stagione d'altra parte...
In realtà non ho proprio dormito quest'inverno: insieme al classico adipe (tanto io ho la prova tailleur, non la prova costume, e quello in qualche modo entra lo stesso), ho accumulato un po' di cartucce turistiche da sparare nel mio spazio!


Riprendo il mio "diario" riesumando due parole appuntate sul cellulare da mesi nella nota "argomenti per i post":

SHARING ECONOMY

Proprio quella che nell'ospitalità prende la forma, in particolare, di un famoso portale che mette in contatto persone in ricerca di un alloggio per un breve periodo e persone che hanno spazio a disposizione per fornirlo.

La classica "stanza degli ospiti" ancora diffusa nelle nostre case diventa insomma un'occasione per "arrotondare" lo stipendio.
  • Sempre se ti fidi ad aprire le porte della tua casa ad un estraneo, fidandoti della community dalla quale proveniene.
  • Sempre che questa stanza per gli ospiti si trovi dentro o proprio vicino casa tua.

Quando la stanza non è più una, quando la casa non è più quella in cui, o vicino alla quale, abiti, quando queste case messe a disposizione sono diverse, l'arrotondamento inizia ad essere una vera e propria attività lavorativa.

Difficile pensare che ci possa essere "sharing" tra un "host" che gestisce diverse case e un "guest" che finisce in una stanza random.

La mia famiglia, da generazioni, ha la tradizione di aprire le porte di casa ad amici di passaggio;  un'idea di condivisione, nella mia testa, ce l'ho.
Si condivide il tempo, si condividono gli spazi, pur cercando di dare all'ospite quanta più intimità possibile, ed al contempo di preservare l'intimità familiare.
Si condivide anche il cibo. Non invito una persona a casa per spedirla a mangiare fuori, a meno che fuori a mangiare non ci vada anche io. Si condivide il territorio, se l'ospite non è di queste parti lo si porta a vederne le bellezze.

Ora magari uno sconosciuto di passaggio, al quale affitto una stanza per "arrotondare", non è proprio come l'amico fraterno che mi viene a trovare a casa. Ma nel caso in cui volesse chiedermi cosa c'è da visitare, oltre al lungomare, nel momento di condivisione dello spazio e del tempo saprei illustrargli percorsi di qualunque tipo nel giro di 70 km in tutte le direzioni.
Eccetto che ad est: non sono una grande nuotatrice o appassionata di sport acquatici... 

Mi piace vincere facile dopo tanti anni in reception eh!

Ma al mattino, mentre preparo il pranzo, stiro le camicie, stendo il resto del bucato e programmo le altre cose da fare, come potrei fare la stessa condivisione  con tanti ospiti dislocati in tante stanze che si trovano in tante case diverse? E come potrei preparare e servire tante colazioni, cambiare la biancheria e ripristinare la pulizia degli ambienti per tutti?

Insomma, come posso chiamare condivisione quello che di fatto richiede  presenza fisica e mole di lavoro propri di un'impresa turistica, alberghiera o extra-alberghiera che sia?

Soprattutto, perché i soggetti che chiamano "sharing" quella che di fatto è "hospitality" devono avere regole diverse da chi fa "hospitality" a norma di legge? 

Cosa spinge le persone a cercare un alloggio di questo genere rispetto ad una stanza in un hotel? Una mera questione di prezzo o la nostra ospitalità manca di accoglienza? E perché non un b&b o un affittacamere tradizionale?

A conti fatti, ne vale davvero la pena?

Un post alla volta, per carità! Non abuserei della pazienza di chi legge.


Maleducati ossequi.

LaReception