sabato 15 novembre 2014

Reputazione virtuale e delusione reale parte 2 - Ristorante elegante

E veniamo alla seconda delusione, questa volta non economica come la prima.
Constatato di aver fatto tanti km proprio nel giorno di chiusura di un ristorante che avevo già visitato, per trovare, in un posto non proprio affollato, un ristorante aperto mi sono affidata al solito portale.
Scartati bar, pizzerie d'asporto e gelaterie (molto utile mischiare tutto questo ai ristoranti...), trovo un locale non lontano, dal nome rustico e dall'aspetto gradevole, come di casa colonica o antica scuderia ristrutturata. Decido di andare lì. Una volta arrivata, ho subito la sensazione di entrare in un ristorante da cerimonia, con una sala da ricevimenti nuova (e vuota). Lascio la macchina ed arrivo all'ingresso principale.
L'ambiente è piccolo, ci sono molti tavoli non occupati, tra cui uno che è posizionato di fronte al portone d'ingresso. L'unico libero, gli altri sono tutti prenotati. La cosa già mi scoccia, un tavolo a due metri dalla porta non è una bella cosa. Ci sono due clienti infastiditi tutte le volte che si occupa. Di due camerieri, soltanto uno prende le ordinazioni.
L'ambiente è elegante, però, come il tovagliato personalizzato. Musica soft.
Aprendo il menu, si intensifica il fastidio provato per il tavolo. Né carne né pesce. O meglio, carne e pesce. Tre antipasti in tutto, tra i due, tre primi e tre secondi per ogni tipo. Il che significa: "non ho una specialità". Il mio intuito ha automaticamente aggiunto anche "è tutto congelato".
Chiedo una frittura, nel menu. Ma non c'è. Però gli ingredienti di questa frittura sono presenti negli antipasti e nei primi portati ad altre persone. Prendo un primo. Pur apprezzando gli gnocchi fatti in casa, anche se "massosi", le cozze con le quali erano serviti erano tutte sgusciate e con il bisso. Congelate insomma. Il bisso era parte del condimento e si confondeva nella salsa.
Le verdure alla griglia mi sono arrivate a straccetti e le patate croccanti al rosmarino sono arrivate a rondelle, fritte e senza rosmarino.
I piatti consegnati agli altri tavoli non erano più appetitosi, specie l'antipasto di pesce, povero in fantasia, quantità e qualità. Ma non nel prezzo.

La ristorazione non è questo. Non c'è cura né rispetto nel pasto che ho ricevuto. Non c'è una strategia nel lavoro che ho osservato svolgere. Quello non era un hotel a 2 stelle che fa pensione completa, ma un ristorante neanche economico. Ho visto il cameriere portare due piatti nell'altra sala, potevano proporla anche a me invece di sistemarmi davanti alla porta. Potevano avvertirmi che non avevano la frittura prima che la scegliessi.

Potevo risparmiarmi soldi e arrabbiature leggendo le recensioni?
No, mi sono rovinata la serata con un ristorante valutato 4 pallini e mezzo con oltre cento recensioni e "certificati di eccellenza" 2013 e 2014.

La serata sbagliata con il web-recensore presente in sala può capitare a tutti, con una pietanza esaurita o lunghi tempi di attesa. E zac! Lo sfogo arriva subito online. Per quello non do credito acriticamente alle recensioni rabbiose e troppo negative.
Passi la pietanza esaurita, ma il probema qui è proprio nelle scelte di base, dal menu alle materie prime. Quelle sono le stesse sia con la calma piatta che con il pienone in sala e la cucina "in m...."

Un posto dalle potenzialità incredibili ridotto ad una mensa dall'aspetto ingannevole per la poca lungimiranza dei gestori, ancora convinti che chi passa si "magni" tutto quello che gli viene rifilato per poi uscire contento. Inutile investire sull'eleganza se poi quello che viene servito non ne è minimamente all'altezza.

Una gran sòla, direbbero a Roma. Complice il solito portale. Specie se il volume "positivo" delle recensioni proviene da chi partecipa a cene di massa a tema e acquista vantaggiosi coupon. Ma queste cose le scopri sempre dopo.

Apro una parentesi...


E' una pessima quanto diffusa abitudine quella di prendere meno personale del necessario, pagando il sacrificio con uno stipendio maggiore, inadeguato comunque allo sforzo di un dipendente di livello medio-basso.
Noi stagionali siamo precari per natura, dobbiamo dimostrare sempre di più ogni anno che passa, per poter essere richiamati. Vedo battaglie per le oche spennate, per l'articolo 18, per ditte che chiudono e lasciano a casa i lavoratori.
Ma se l'albergo chiude, anche noi andiamo a casa e non possiamo protestare. Non possiamo interrompere un lavoro e riprenderlo il giorno dopo, una volta arrivata l'ora di staccare. L'adrenalina ci tiene attivi fino alla fine, abbiamo problemi a chiedere anche solo qualche ora se stiamo (proprio molto) male.

Un prezzo veramente troppo basso, se non è una promozione limitata, nasconde spesso lo sfruttamento del personale e/o una qualità dei prodotti e/o dei servizi offerti non corrispondente alla categoria.
Diversa è la questione per attività a carattere familiare, dove i componenti scelgono di sacrificarsi in prima persona, o in locali con menu fissi e limitati in virtù dei quali i costi si riducono notevolmente.
Non è raro imbattersi in inchieste su prodotti importati con manodopera a basso costo e sullo sfruttamento del personale (a volte di età troppo tenera) nei paesi poveri o in via di sviluppo.

Perché non avviene lo stesso con la ricettività e la ristorazione? Semplice, siamo in Italia ma la gran parte del sistema ricettivo-ristorativo si regge su lavoratori che accettano una condizione sfavorevole, sia questa uno stipendio basso oppure un allungamento dell'orario di lavoro. Credo sia per questo che l'unico timido tentativo di denuncia di un noto programma tv non ha avuto un seguito: scardinare consuetudini diffuse da nord a sud, nel mondo del turismo e della ristorazione, è impossibile e comunque ciascun singolo lavoratore si accorda con l'imprenditore prima di iniziare a lavorare ed accetta le sue condizioni.
Non posso neanche dare tutta la colpa a quest'ultimo, un'idea dei costi dell'impresa (in tutti i sensi) me la sono fatta. I lavoratori costano, prenderne di più alle condizioni attuali è fantagestione per la maggioranza degli esercizi.
Con il costo del lavoro che c'è in Italia, poi, è impossibile proporre tariffe concorrenziali tutta la stagione.
Questo non lo capisce il cliente, né lo capisce però chi dovrebbe tutelare seriamente i lavoratori ed anche gli imprenditori. Abbassare i costi per aumentare le assunzioni (ed i controlli) farebbe un gran bene alla nostra categoria. E non solo.
Parentesi chiusa.

Reputazione virtuale e delusione reale parte 1 - un bell'albergo economico, pieno di servizi e quotatissimo sul web

Insisto sempre sul fatto che l'opinione del cliente-recensore spesso si allontana dall'essere realistica. Sono convinta che dovrebbe essere un esperto del settore a giudicare alberghi e ristoranti secondo la qualità reale dei servizi offerti e non secondo un giudizio "di pancia".

Per ben due volte nel giro di un mese, la mia teoria è stata pienamente confermata da due esperienze veramente negative che, a giudicare dalle recensioni sul web, non sarebbero dovute essere tali.
Un hotel ed un ristorante.

Hotel 3 stelle, prezzo basso (probabilmente quello base per i sostenitori del revenue management), più di mille recensioni e 4,5 pallini sul noto portale, voto più alto di 9 su quello su cui si giudica solo dopo aver prenotato e soggiornato.
Ottimo, ho pensato. Niente di pretenzioso, niente di troppo costoso (non sono ricca e troppi servizi mi fanno sentire al lavoro: è già difficile staccare il cervello dal controllo continuo di quello che ho intorno...), per me è perfetto.

Hotel modesto, ma era quello che cercavo, personale non italiano, ma non ho nulla in contrario, purché sia professionale, ristrutturato ma un po' (tanto) kitsch. Chi se ne importa: è un albergo, non un museo.
Camere ristrutturate, bagno compreso (la prima cosa che mi interessa insomma). Pulizia un po' superficiale, ma niente di allucinante, tipo blatte o wc incrostati. Chiudo un occhio, d'altra parte non devo essere io l'incubo della cameriera al piano lì.
Le cose iniziano a cambiare quando do un'occhiata alla biancheria da bagno, vecchia ed ingrigita, come quando lavi bianchi e neri insieme ed i capi non cambiano più colore neanche con la candeggina. Magari risparmiano sull'affitto degli asciugamani, ma un albergo con un discreto numero di camere come quello dovrebbe avere asciugatrici ed un adeguato locale lavanderia. Che invece si trovava nel parcheggio interno, dentro quattro pareti metalliche, di quelle che ricordano le rimesse di chi ha un piccolo orto e quattro galline. Appena arrivata ho guardato con sospetto i fili metallici per stendere che ho visto sempre nel parcheggio. Ho pensato: ma è possibile che stendano gli stracci così vicino alle macchine dei clienti? La risposta è arrivata la mattina successiva, quando ho visto una bella fila di lenzuola bianche che ondeggiavano tra i paraurti ed il muro - che igiene! pensiamo a chi dorme nudo...-. In bassa stagione si lavano la biancheria da soli e d'estate l'affittano? O dove stendono tutte quelle lenzuola nei giorni di grande cambio?
Tornando al bagno, pur avendo due set di asciugamani, da persona educata ne ho utilizzato uno, lasciando l'altro come cambio per la seconda notte. Ma il tappeto, a causa dello scarico lento della doccia a pavimento, era tutto zuppo. E non mi è stato cambiato. Benedico la buona abitudine di portarmi le ciabatte...
Veniamo adesso alla colazione. Mi aspetto un cornetto vuoto, un succo da concentrato, una crostata confezionata e basta, a quel prezzo. Invece la sala, stracolma di gente, presenta un buffet salato e dolce. Macchine automatiche che ti fanno un cappuccino decente e ... forse di decente c'è solo quello. Hanno ancora la cucina, ora è un b&b ma prima non lo era, però tutto ha un aspetto pesante e pasticciato, i cornetti non sono congelati ma confezionati, tipo merendina, e siringati con tutto il ripieno fuori, perché non hanno il vuoto interno. Yogurt nella ciotola -e la ciotola era ombrata di calcare-, spalla di prosciutto veramente di ultima qualità. Stoviglie lavate male, ricoperte di calcare. A servire? Il personale della Reception...

Allora, come può un hotel del genere avere una web reputation tanto alta? Semplice, soddisfa i requisiti del web-recensore.

1)WI-FI gratis. Ormai sembra più necessario del bagno. La password è affissa ogni 2 metri..

2)CHECK-OUT ORE 12,00. In una località di mare è difficile, tutti si lamentano perché lasciano la camera presto, ma devo ancora conoscere chi aspetta le 16,00 con i figli piccoli e magari ha anche fatto la partenza intelligente per non perdere la giornata nel traffico.

3)CENTRO BENESSERE. Di cui non ho usufruito. Ma l'ingresso costa meno di un cocktail.

4)ORARIO DI COLAZIONE ALLUNGATO. Chi ama dormire non va molto d'accordo con le sale colazioni che chiudono prima delle 10.

5)LAST BUT NOT LEAST: LOW COST. Non so che oscillazioni possa avere con il Revenue, ma nessuno pagherebbe tanto per un soggiorno simile restandone soddisfatto.

Questo è solo uno degli enormi bug del sistema "recensioni web". Sia a livello qualitativo, sia a livello umano.
Vale la pena spendere poco per servizi scadenti con personale sfruttato? Alzerò il mio budget per la prossima fiera in cui ficcare il naso.









Le scuse per l'attesa non giustificano la maleducazione nel farmi attendere, ma sto tornando ...

Terminata la stagione, mi ero ripromessa di ricominciare subito ad esaminare e condividere quello che avevo vissuto e rielaborato nel suo corso, ripartendo dall'analisi dei comportamenti di certo personale (non solo quello di recente conoscenza...).
A scombinare i miei piani è arrivata la decisione di investire ancora sulla mia formazione, per conoscere meglio il reparto che spesso determina il gradimento dell'hotel: la cucina. Così, tra una lezione ed una lavatrice, non sono riuscita ancora ad iniziare il mio ciclo di post sui maleducati turistici al lavoro...

 

giovedì 21 agosto 2014

Maleducati turistici al lavoro - introduzione

A un mese dalla fine della mia stagione, dopo più di un mese dal mio ultimo post, riprendo a scrivere, stavolta però inizio ad occuparmi del personale.

Io ho a che fare direttamente con i clienti; non rientra tra le mie mansioni avere a che fare col personale, per cui mi limito ad evitarlo quando arrivo a dei livelli di intolleranza superiori a quella che ho per il glutine (purtroppo).
Questo non mi impedisce di costruire la mia "macchina immaginaria ideale", che rappresenta l'hotel ed i suoi processi, e di vedere quanto qualsiasi ingranaggio malfunzionate influisca sulla sua efficienza.

I costi e la guerra dei prezzi al ribasso ormai non permettono di far gravare sul cliente una quota per del personale altamente qualificato che ricopra la maggior parte delle posizioni. Occorre forse affiancare del personale inesperto ma formabile a quello esperto e qualificato.

Ciò che mi lascia ogni anno più perplessa è conoscere nuovi lavoratori che in comune con i vecchi hanno l'inseguire l'introito "extra" più che fare il lavoro, per il quale vengono retribuiti, con la massima onestà,qualità che non si compra né si acquisisce con l'esperienza.

Un'altra caratteristica purtroppo comune è il proporsi di fare un lavoro faticoso e di responsabilità solo perché ben retribuito, senza alcuna passione ed anche se non si è sufficientemente preparati.

Lo scomparire di alcune figure professionali interne all'hotel provoca carenze di controllo su sprechi  ed ammanchi, mentre l'eccessiva riduzione nel numero delle altre rischia di inficiare la qualità di alcuni servizi - oltre che di impedirne la verifica, cosa più frequente.

Vale la pena risparmiare l'1% del fatturato per poi perdere anche soltanto il 5% di clientela scontenta che non torna? Perché non attenuare la preoccupazione di avere delle camere occupate l'anno successivo, cosa importantissima per le strutture che vivono del monotono turismo balneare, aumentando la clientela consolidata fino al massimo fisiologico? Per pochi spiccioli?

Innovazione tecnologica e prelavorati sicuramente suppliscono ad alcune carenze, ma non sono la soluzione a tutti i problemi. Lavorare nel turismo è fare accoglienza e le macchine non sanno accogliere o svolgere qualsiasi mansione con trasporto. Lavorare nel turismo non è per tutti, eppure il settore è pieno di lavoratori improvvisati a tutti i livelli.
Considerando questo, perché sceglierci se a fronte di un prezzo maggiore dei concorrenti non diamo l'ospitalità di qualità e di cuore? Se perde le caratteristiche tipicamente italiane, perché la nostra offerta dovrebbe spiccare tra le altre?

venerdì 18 luglio 2014

Maleducati turistici - cap. IV: il cliente abituale

L'ondata di arrivi, insieme ad una buona dose di altri impegni, mi ha fatto trascurare la scrittura, anche se ora ho molto più materiale su cui lavorare.
E dopo aver rivisto, più o meno volentieri, tanti clienti già visti da sei anni a questa parte, ho notato la marcata tendenza alla maleducazione turistica in alcuni di loro...
Se a casa si dice che l'ospite è come il pesce, dopo tre giorni puzza, immaginate cosa possa voler dire trovarsi una percentuale di ospiti che, anno dopo anno, rivendicano dei diritti invece di fare delle cortesi richieste.
Tra questi ricordiamo:
- Il diritto ad avere la camera sul lato preferito, nella posizione migliore, pur chiamando tre giorni prima dell'arrivo e dopo aver consultato l'199 meteo sicuro: "ma come, non c'è la camera???"
- il diritto all'ombrellone in prima fila, gratis ovviamente, ma in quella posizione e vicino a Tizio, Caio e Sempronio o lontano da questo o quello.
- il diritto al tavolo dell'anno prima, in quell'angolo, magari scegliendosi pure il cameriere, strepitando se il posto è occupato da qualcuno arrivato 2 settimane prima.
-il diritto ad usufruire gratuitamente di servizi a pagamento: internet, garage, nolo bici ecc. sono a pagamento solo per gli altri.
Ora, nei primi anni di apertura è più facile assecondare il cliente, ma quando i clienti abituali iniziano ad essere numerosi, cosa buona perché è la prova che l'hotel funziona, le richieste di alcune risorse iniziano a sovrapporsi e ad entrare in conflitto. Non avendo l'ombrellone in prima fila per tutti, il tavolo vista mare per tutti, la camera nella posizione migliore per tutti, è normale che non si possano accontentare tutti.
Ma questo dato di fatto dà luogo alle reazioni più disparate... dalla semplice osservazione un po' pungente alla crisi di panico da seconda fila, perché se il bambino affoga a riva da lì non si vede bene, perché dopo un anno in città ci si vuole godere il mare e a 10 metri invece che a 5 non lo si fa, perché era stata prenotata la prima fila insieme alla camera, anche se gli ombrelloni non si prenotano.
Da questo segue ovviamente che  la maggior parte dei clienti di un certo tipo saranno scontenti alla prima pretesa non accontentata e che la vacanza prenderà una certa piega già da questo. Ogni pretesto sarà buono per passare allo stato di "untore" e diffondere il malcontento anche tra chi non si lamenterebbe senza essere istigato.
È possibile definire una strategia per evitare questo? È opportuno evitare l'accumulo di troppi privilegi nei confronti di un singolo cliente, privilegi che diventeranno "conditio sine qua non" e diritti scontati? A volte questi vengono usati per tamponare alcune carenze, anche se questo innesca un servilismo sbagliato nei confronti del cliente abituale, che si sente padrone a casa propria. È una situazione dalla quale diventa impossibile recedere senza deludere o scontentare qualcuno.
Un polso gentile si rende necessario a questo punto, il cliente non ha sempre ragione  e non è il padrone di casa. È giusto che riceva al meglio i servizi che paga, ma le pretese non rientrano in alcun pacchetto  all inclusive.
Quanto ai servizi, approfondirò la tematica parlando dei maleducati turistici al lavoro già a partire dal prossimo post.

domenica 6 luglio 2014

Maleducati turistici - cap. III : L'untore

Ed eccomi arrivare ad un soggetto che almeno una volta in ogni stagione arriva per seminare il panico tra clienti e personale: l'untore. Non trovo parola migliore per definire chi diffonde il suo malumore come la peste, attaccandolo a tutti, anche a quelli che prima di incontrarlo non avevano niente di cui lamentarsi.
Parla con il personale non preposto alla ricezione delle lamentele, istigandolo a giudicare male il servizio reso dagli altri reparti. Per esempio, intrattiene la cameriera ai piani dicendole quanto male ha mangiato, oppure quanto ha aspettato per essere servito, quanto è sporca la spiaggia. Si confessa presso il bar, mette la pulce nell'orecchio del cameriere.
Poi passa alla reception e non parla. Oppure parla, dichiarando che in questo o quell'albergo, questa o quella località, a fronte di un prezzo inferiore mangiava benissimo fino a crepare, non c'erano supplementi, l'ombrellone era sempre in prima fila, era tutto perfetto -ma dunque, gentile ospite, perché non è stato fedele e ha cambiato hotel?-.
Ora, dalla genesi del malumore alla partenza, con eventuale sfilza finale di critiche, passa l'intera vacanza. Nel frattempo l'untore ha appestato chiunque, formando gruppi di ascolto autogestiti tra il ristorante e la spiaggia, dove gli altri clienti si fanno a loro volta diffusori di un malessere mai direttamente provato, ma incubato per sentito dire.
Il personale viene affetto dallo stesso morbo, specie quello logorato dal potere che non ha, o che vorrebbe ma non può avere, o quello lavativo e/o senza responsabilità, che alimenta l'infezione nell'ospite solo perché si sente di lavorare troppo senza essere pagato abbastanza o per il mero gusto del gossip - o per la mancia!!!-.
Tutto questo dà vita a un microclima avvelenato, dove tutti sono scontenti di tutto. I clienti minacciano rappresaglie sotto forma di recensioni e passaparola negativi, il personale si fa beffe ognuno degli altri reparti,in special modo della direzione e del ricevimento, dove più ci si affanna per tenere sotto controllo il contagio perché non intacchi l'efficienza della struttra.

Questo il danno, più che le recensioni negative, che lasciano il tempo che trovano - su questo argomento tornerò spesso.

Ma oltre il danno, non mancano le beffe. Quali?

1) l'untore è il primo a richiamare per prenotare la stessa camera, o una migliore, con condizioni vantaggiose.
2) il personale scorretto è il primo a farsi vivo per la successiva stagione, chiedendo anche un aumento.

Cari untori, cari contagiati, che avete scelto di non essere immuni dal virus del malumore trasmesso, ricordatevi un paio di cose:

1) chi di recensione ferisce, di messa al bando perisce: anche se fatti in anonimato, i commenti sono personali e a fare 2+2 si impiega poco; se poi siete espliciti durante il soggiorno, beh, vi date proprio la zappa sui piedi. Se a marzo l'hotel non vi dà disponibilità per agosto, fate 2+2 anche voi...

2) i contratti stagionali, precari per natura, sono a tempo determinato. Se avete bisogno di lavorare, lasciate sempre il profumo nei posti in cui passate, perché la puzza arriva prima di voi dove lasciate il CV. Se non ne avete bisogno, buon per voi...

lunedì 23 giugno 2014

Maleducati turistici - cap II: l'aggressore

Non era questo in realtà l'argomento che intendevo trattare oggi, ma visto il fatto increscioso accadutomi, ho preferito dare spazio a quello che per eccessiva educazione e professionalità (modestamente :-) ) ho dovuto reprimere.

Un problema a tavola, una famiglia si presenta in reception per reclamare. Nulla di nuovo insomma, se non per il fatto che l'educata rimostranza è stata espressa assicurandosi che i decibel fossero superiori a quelli del 55 pollici acceso sui mondiali e che la piccola folla che vi assisteva potesse sentire.

Inutile dire che qualsiasi tentativo di espressione, dal diritto di replica alle ben note scuse incondizionate della direzione, con promessa ferma di provvidimenti da prendere, è stato inutile.

"Ci metto una croce sopra! Menomale che esistono questi siti su cui sfogarsi!"

Può essere normale se la vacanza è finita e se ci sono stati problemi dall'inizio alla fine, lamentele inascoltate, se il cliente si è sentito ignorato e preso in giro e l'unico modo di farsi ascoltare resta quello.

Ma all'inizio della vacanza, imponendosi senza sentire ragione, urlando nella hall in quel modo no, non è normale, non è rispettoso dell'interlocutore, che non è uno schiavo che sta lì a subire, non è nemmeno giusto nei confronti dell'albergo.

Sì signora, sfogati dove ti pare, sempre che, raccontando quest'episodio a chi di dovere, pubblichino la tua recensione.
Per la privacy non esiste un database di clienti da evitare, al contrario di quello che succede con gli alberghi.
Io però ho buona memoria e una croce sopra ai clienti di questo genere la metterò volentieri quando ne avrò la possibilità.

Per ora sono solo l'osservatrice non sospetta di quel microcosmo in cui lavoro, l'apparenza mi permette ancora di essere chiamata "Signorina", posso nascondermi dietro le mansioni semplici di una segretaria.
Non perché sono una cosiddetta ragazza di buona famiglia, che ha conosciuto e continua a conoscere gli alberghi come cliente, faccio caso a tutta questa maleducazione turistica.

Al giorno d'oggi è anche difficile trovare del personale valido e rispettoso, educato più che ruffiano, che capisca che servire è un'arte che arricchisce culturalmente e caratterialmente, non un lavoro umiliante.

Ma anche far capire a una bella fetta di clienti che camerieri, baristi, cameriere ai piani, cuochi, lavapiatti, segretari e quanti lavorano per la loro vacanza non sono  servi della gleba, risulta difficile.
La discrezione nell'esprimere una critica o un reclamo, prendendo il responsabile da parte, scompare lasciando spazio all'arroganza, alla cafonaggine della piazzata che umilia il malcapitato interlocutore  e destabilizza i fragili equilibri che si creano quando l'hotel è a pieno regime.
Beh, poi c'è la piazzata 2.0, infamante quanto vigliacca, dannosa potenzialmente, anche se ormai le recensioni sono  tanto abusate da essersi rivelate mediamente inattendibili: l'esperienza è soggettiva e vari fattori possono influire sulla buona o cattiva riuscita della vacanza, compresa la maleducazione turistica degli altri clienti, della quale l'hotel non è di certo responsabile...

venerdì 20 giugno 2014

Maleducati turistici - cap. I: l'albergatore cliente.

Tra i maleducati turistici che si palesano tra i nostri clienti, c'è quello che fa il nostro stesso lavoro, o quello del nostro gestore. Sì, esattamente l'albergatore. Ed ecco i principali comportamenti comprovanti la maleducazione turistica del nostro amico visitatore:

- un'apparente empatia del soggetto, specie quando si tratta di coalizzarsi idealmente contro lo Stato sanguisuga, il costo del lavoro, ecc., che è preludio alla richiesta di uno sconto "braghe calate".

- un fare saccente ed uno spiccato senso di superiorità nel raccontare, per contrasto, quello che la propria struttura offre, oppure nel far conoscere al proprio interlocutore la mole di lavoro costante che si ha, specie durante i giorni di permanenza in hotel.  Peccato che alla fine si scopra che è un albergo di città, ubicato in una città in cui anche la peggior bettola medievale costruta sopra la metropolitana, a 10 metri dalla ferrovia e ad 1 km da un aeroporto internazionale, lavorerebbe a prezzi da 5 stelle lusso.

- lo spiattellare grezzo di tutto quello che secondo il suo modesto parere non va, oppure, al contrario, il fare buon viso a cattivo gioco, spifferando al bar, in sala, ai piani  o su noti siti di recensioni le sue critiche, senza mezzi termini e con linguaggio tipico della subcultura portuale. Questo personaggio viene sbugiardato nei fatti, poiché dei servizi di cui sparla non ha mai usufruito. Dalla sua parte ha l'anonimato garantito dal web, il non poter essere smentito direttamente e pubblicamente, soprattutto per educazione professionale, e la mancanza di attributi tipica di un certo personale che fa comunella col cliente, dimostrando di non essere fedele all'azienda che gli dà fiducia e lavoro, di cui giammai prenderebbe le difese, per non risultare antipatico e soprattutto non perdere l'extra finale per la simpatia. Il più delle volte neanche lo ottiene.

Non dimostrare agli altri la #maleducazioneturistica che si detesta subire deve essere una regola d'oro per l'albergatore in vacanza. Come quella di segnalare i problemi, possibilmente in maniera civile, al reparto designato, che prenderà provvedimenti con discrezione, evitando il chiacchiericcio inutile del personale non competente e l'antipatico contagio del malumore, argomenti che affronterò in seguito.

domenica 1 giugno 2014

Come eravamo - 1

C'era una volta ....

Il portachiavi di ottone, orrendo e pesante, impossibile da dimenticare in borsa perché era una zavorra consistente.
Lo si lasciava alla reception, per permettere a tutta la famiglia, agli amici, al/alla ragazzo/a di rientrare nella camera...
Oggi c'è la tesserina, comoda, segnala la presenza in camera, permette il risparmio energetico, libera il receptionist dall'incombenza di dare e riprendere la chiave... a meno che non si verifichi almeno una delle seguenti situazioni:
- ognuno vuole la  sua indipendenza, allora per una camera occorrono tre-quattro copie
- per non avere più copie la chiave fa avanti e indietro dalla reception, annullando l'utilità della tessera
- per caricare il cellulare si lascia la chiave inserita, annullando il risparmio energetico e impedendo alla cameriera ai piani di entrare a pulire la stanza perché crede sia occupata. Poi il cliente si lamenta che non è stata pulita la stanza, ovviamente quando le cameriere se ne sono andate.
-una delle tessere viene persa e il cliente incolpa tutti tranne se stesso, rimpiangendo, e facendo rimpiangere al malcapitato che subisce lo sfogo, la zavorra d'ottone

Anche io rimpiango la zavorra d'ottone, con la quale non ho mai lavorato, specie quando si incanta la macchinetta che programma le chiavi e quando è giorno di partenze e arrivi e devi programmarti 30 tessere....
Ma soprattutto la rimpiango tutte le volte che devo spiegare che il televisore non si accende perché la tessera non è stata inserita nell'apposita fessura....