giovedì 6 febbraio 2020

Turismo delle esperienze esasperate o esperienze esasperanti per l'operatore?

Da un paio d'anni circa, o forse anche più di due, non riesco a partecipare ad un evento formativo puro, oppure a degli angoli formativi/promozionali inseriti in qualche fiera, senza che questa parola venga ripetuta ossessivamente come un mantra da formatori o anche da fornitori di qualsivoglia merce, più o meno tangibile.

Esperienza.

"Turismo delle esperienze", "non vendiamo camere, ma esperienze", "il cliente non viene da noi in vacanza, ma per fare un'esperienza". Possibilmente, l'esperienza deve essere "memorabile", "indimenticabile", "unica".

Ora, finché questo termine resta una scatola nera dal contenuto ignoto, le fantomatiche esperienze che dovremmo vendere, al posto delle camere, non ci danno chissà quale disturbo. 
Quando però c'è da pensare a riempire seriamente codesto involucro con dei progetti concreti, l'impresa si fa decisamente più ardua. 

Dove il nostro non meglio identificato cliente dovrebbe vivere queste esperienze? Dentro l'hotel? Fuori?

Iniziamo dalla seconda possibilità, che paradossalmente è più facile da analizzare: fuori.
In realtà, i nostri nemiciamici delle OTA ed i nostri pseudonemici, della pseudo-sharing economy nell'ospitalità, hanno usato esattamente quello che non vendono per vendere quello che vendono.
Ricordo bene uno spot televisivo nel quale il protagonista faceva una serie di attività, che nulla avevano a che fare con il prodotto (ospitalità), con una musichetta detestabile in sottofondo.  Ne ricordo anche un altro, in cui il cliente potenziale veniva indotto a credere che tali emozioni autentiche potessero essere vissute soltanto con un affitto breve in appartamento.  L'analisi degli effetti di queste campagne la lascio a loro.
Beh, svegliamoci un attimo: per guidare i nostri ospiti alla scoperta di tutto ciò di cui può godere nei dintorni e non solo, dobbiamo "solo" essere informati ed informare. Cosa più semplice quando le istituzioni (e anche tutte le associazioni create allo scopo, che beneficiano di contributi pubblici...) ti assistono, fornendo del materiale adeguato (e non intendo il cartaceo e basta) e aggiornato, progettato in base alle esigenze del turista. Cosa più complicata quando te la devi sbrigare da solo, districandoti tra ecomostri virtuali (portali turistici INUTILI, copia-incolla di papiri che nessuno leggerà, aggiornati nel 2009), informazioni irreperibili, scaricabarile degli uffici competenti, disinteresse totale. Quando poi il tempo scarseggia, perché non hai un ruolo definito dietro al desk ma ti devi occupare di molte cose, curare questo aspetto importantissimo anche per noi che "vendiamo sole e mare" (e la stagione si accorcia) finisce nella lista di "vorrei ma non posso" causati dall'insufficienza del personale tra front office e direzione - il solito "risparmio" che fa perdere guadagni e reputazione, come in tutti gli altri reparti.
Abbiamo, però, dato per scontato che il nostro ospite sia sempre aperto all'esperienza esterna, il più delle volte non gratuita per le sue tasche. Presupposto errato, leggerete perché.
Passiamo alla parte più difficile: l'esperienza dentro la struttura.

Iniziamo con un esame di coscienza...
Prima di pensare a "vendere esperienze memorabili", siamo sicuri di non venderne di memorabilmente brutte?
La facciamo un'analisi onesta di quello che diamo ai nostri ospiti, oppure "se va bene è così, se no se ne vanno da un'altra parte" (e un po' per volta ci vanno tutti), sporcizia e disservizi di ogni genere inclusi?
Sarà una fissa personale, ma credo che se le cose funzionassero bene, in ogni struttura, non occorrerebbe pensare di strafare in un reparto, per distrarre l'attenzione da ciò che non funziona.
Il sorriso, l'empatia e il saperci un po' fare (soprattutto al ristorante) risolvono un sacco di problemi, ma questi problemi bisognerebbe cercare di non averli. 
 [A scanso di equivoci, non parlo di "imprevisti", ma di funeste previsioni a lungo termine che puntualmente si realizzano, perché non si è fatto niente per evitarne la fatale presentazione. Parola di Cassandra.]
Esame di coscienza superato? Ottimo.
Allora adesso bisogna iniziare a comprare tutto quello che troviamo nei padiglioni B1-B7 al Sia Guest per donare esperienze memorabili? Tovagliati preziosi, lenzuola di seta, servizi di porcellana di lusso (il mio punto debole...), aromaterapia per ogni spazio comune e privato, spa faraoniche, attrezzature da esterno incredibili? Occorre davvero offrire una colazione-pranzo che superi il famigerato costo fisso della stanza, con prodotti ovviamente bio, a km0, DOP, IGP, DDT... no, questo no..., ecc? E in cucina chi ci va, lo chef stellato con la sua brigata raffinata, oppure un reggimento di massaie con esoscheletro di supporto, visto che le massaie di quel tipo ormai hanno la busta paga INPS?

Ricordo ancora che stiamo parlando di alberghi da vacanza, quelli che soffrono la stagionalità della domanda e l'anonimato della struttura, specie se sono della generazione X.

Per rispondere, volevo condividere con voi una riflessione sulle recensioni. Sembra che io salti di palo in frasca, ma non è così, abbiate fiducia.

Senza scomodare la statistica, ho osservato che molti recensori, più con famiglia al seguito che in coppia o in solitaria, citano l'animazione come punto enormemente positivo o tremendamente negativo nel raccontare la loro esperienza in struttura. Questo, aggiungerei purtroppo, mostra che, più che un'esperienza indimenticabile, un ospite di quel tipo cerchi un intrattenimento che renda la vacanza indimenticabile. Perché i figli si sono divertiti e lui si è riposato, perché lui si è divertito, perché è stato coinvolto in attività che gli sono piaciute, perché ha staccato la spina dalla frenesia del lavoro, ecc.
Perché dico "purtroppo"?
Perché questo indica che il nostro ospite non si accontenta di servizi evocativi di un'esperienza; spesso trova scomodo allontanarsi anche di pochi chilometri, vuole avere a disposizione tutto nella struttura o, al massimo, nella località specifica che ha scelto per le vacanze.
Cosa comporta questo, per noi? Che dobbiamo accollarci le conseguenze dell'avere un ospite mediamente pigro nell'iniziativa, sostenendo le spese di un intrattenimento che sia sempre presente e adeguato, ma non eccessivo -perché non abbiamo solo famiglie e non siamo un villaggio turistico-, che spesso deve ovviare anche alle carenze di eventi e di spirito commerciale delle località nelle quali ci troviamo a lavorare. E sì, certo, parte dell'intrattenimento disponibile comprende una dotazione propria dell'hotel, come palestre e spa, sia per gli altri ospiti, sia per quelli che sono liberi dai figli per qualche ora. 
Ma quando il tempo non è nostro amico, tutti i nostri sforzi interni sono sufficienti a placare la presunta "fame di esperienze" del nostro ospite? Abbiamo problemi ad offrire esperienze, oppure abbiamo problemi con il mutamento del comportamento del nostro ospite medio nel corso degli anni
Vi lascio con questo dubbio, promettendovi a breve un post proprio su questo argomento.

Maleducati ossequi.
LaReception