mercoledì 23 agosto 2017

Prima di parlare di vendite, guardiamo al cambiamento del mercato turistico in Italia.


Il progresso tecnologico e la connettività hanno fatto passi da gigante nel giro di pochi anni.

Questo è un assioma.

Soprattutto hanno coinvolto anche delle fasce di età abbastanza oltre i primi "anta", per cui il "vecchietto che ha il cellulare coi tasti grandi e non sa come si accenda il computer" inizia ad essere raro da trovare e soprattutto non dovrebbe rappresentare, statisticamente parlando, il target principale di un hotel di qualsiasi tipo.

Dove voglio arrivare con questa premessa?
Al fatto che internet, gli smartphone, i tablet e di conseguenza tutto ciò che è consultabile online sono a disposizione di qualunque utente di qualunque fascia d'età.
Avranno tutti la pazienza di capire cosa cliccano e cosa fanno mentre maneggiano degli aggeggi di quella foggia? Questo è già molto discutibile, ma è parte del problema finale, non di quello a monte.

Occorre fare un breve studio iniziale della situazione. Siamo ormai agli sgoccioli della stagione estiva ed è tempo di trarre delle conclusioni per le strutture a vocazione turistica, specie con apertura stagionale.

Il mercato turistico italiano è cambiato. Questa non è la causa, ma è la conseguenza di una serie di altri fattori.

I tempi dei viaggi sono cambiati. Il sabato/sabato o domenica/domenica obbligatorio è impensabile per chi ha o desidera una clientela privata che si muove in autonomia. Anche le ferie sono cambiate, l'agosto delle fabbriche e delle scuole chiuse non esiste più. Magari molte persone hanno pochi giorni di ferie per volta, si devono arrangiare con quelli e la settimana può essere troppo. O troppo poco, ma due settimane possono essere troppe. Allora non si vende niente?

I voli low cost hanno spalancato sull'Europa intera e non solo le vedute dei viaggiatori. Va a finire che tra albergo, o sistemazione alternativa, carburante, autostrada, tasse di soggiorno, parcheggi a pagamento e supplementi vari si spenda troppo di più in Italia rispetto a destinazioni più economiche per vari motivi. O che la guerra tra destinazioni in Italia finisca sui quadratini delle pagine pubblicitarie delle riviste con proposte "tutto incluso" ad un prezzo che neanche a casa propria si spende per vivere. Così, poi, chi chiede un prezzo giusto diventa fuori mercato. Chi non include tutto, subisce i malumori da supplemento. Ma se metti il supplemento nel prezzo, ti tocca comunque fare lo sconto, per cui che si fa?

La formula di viaggio sta cambiando. Il turismo di massa ancora regge, ma per masse sempre meno consistenti; l'accoglienza standardizzata anni '80-'90 puzza di stantio. La formula di "pensione" è ancora molto richiesta, perché comoda, ma la ristorazione alberghiera in certi posti è rimasta a cocktail di gamberi, glutammato e panna, con menu che non  dicono nulla del territorio.
Nel tempo, piuttosto, si è passati da fornitori locali di prodotti locali ai grossi distributori, più comodi ed economici, a discapito della qualità del cibo servito, che non appartiene più al territorio né nelle ricette, né per provenienza.
Di conseguenza accogliamo ospiti con un soggiorno standard, li chiudiamo nell'albergo perché consumino presso di noi e non vadano alla scoperta di posti di qualità nella zona, facciamo loro mangiare piatti standard all'incirca italiani, fatti con materie prime che forse italiane non sono, li intratteniamo in maniera standard nella speranza che si leghino alla struttura, non favorendo la circolazione nel territorio e la scoperta di attrattive storiche, naturali, artistiche ecc.

Tempi, prezzi, formule. In che epoca siamo rimasti? Il mercato cambia, se noi restiamo uguali a noi stessi non cavalchiamo il cambiamento, lo subiamo piuttosto.

Il mercato ci dà dei segnali per aiutarci a fare delle scelte.

  • L'aumento in percentuale della scelta della formula b&b. L'ospite non vuole essere obbligato a chiudersi in gabbia, per quanto possa essere dorata.
  • La ricerca di FIDUCIA. Ingannare il cliente non è mai una buona idea. Farlo nel 2017 men che meno, visto che  dallo scatto di una fotografia allo spubblicamento sul web passano pochi secondi. Quindi, chi riscuote maggiore fiducia nel cliente, l'ignoto albergatore singolo o un colosso delle prenotazioni alberghiere, che mette il cliente al primo posto?
  • La ricerca del prezzo migliore, che non sempre significa "devo-spendere-poco-perché-non-posso-permettermi-di-più". Ma di prezzi e vendite parlerò nel post in incubazione da aprile...
  • La richiesta di scoprire il territorio. Non con i terrificanti pullman per escursioni modello "polli in batteria", ma attraverso qualcosa di più personalizzato e autentico, fai-da-te oppure organizzato. E il territorio si scopre nei luoghi, nel cibo, nello sguardo di chi ti guida o suggerisce delle mete. Ma questo aspetto che riguarda più gli operatori, in struttura e nel territorio, lo approfondirò un'altra volta.
Questi sono solo alcuni esempi. Persistono i viaggiatori "vecchio stampo", ma sono gli stessi che al primo accenno di maltempo si annoiano e non vogliono fare altro e cercano di andarsene senza penali.

Costringere un cliente di altro tipo (la tipologia di ospite che in percentuale aumenta ogni anno) ad annoiarsi, pur di tenerlo in struttura, è dannoso sia per l'albergo che per il territorio nel quale esso si trova. Perché un turista dovrebbe andare in vacanza in Italia se costa di più e non gode del valore aggiunto che la vacanza in Italia darebbe (cibo, accoglienza, luoghi)? Neanche le grandi città, mete internazionali sempre in voga, sono immuni da problemi legati all'accoglienza (e all'abusivismo) e soprattutto alla mancanza di indotto creato da un turismo troppo low-cost e aggressivo.

Ma gli albergatori saranno capaci di capirlo in tempo?

Io me lo auguro, continuando a lavorare per questo.

Maleducati ossequi.

LaReception