giovedì 26 maggio 2016

La "stanza degli ospiti": condivisione oppure impresa? Sharing economy Vs Hospitality - Introduzione

Anche la maleducazione va in letargo!
Ho tardato un po' a risvegliarmi, come la bella stagione d'altra parte...
In realtà non ho proprio dormito quest'inverno: insieme al classico adipe (tanto io ho la prova tailleur, non la prova costume, e quello in qualche modo entra lo stesso), ho accumulato un po' di cartucce turistiche da sparare nel mio spazio!


Riprendo il mio "diario" riesumando due parole appuntate sul cellulare da mesi nella nota "argomenti per i post":

SHARING ECONOMY

Proprio quella che nell'ospitalità prende la forma, in particolare, di un famoso portale che mette in contatto persone in ricerca di un alloggio per un breve periodo e persone che hanno spazio a disposizione per fornirlo.

La classica "stanza degli ospiti" ancora diffusa nelle nostre case diventa insomma un'occasione per "arrotondare" lo stipendio.
  • Sempre se ti fidi ad aprire le porte della tua casa ad un estraneo, fidandoti della community dalla quale proveniene.
  • Sempre che questa stanza per gli ospiti si trovi dentro o proprio vicino casa tua.

Quando la stanza non è più una, quando la casa non è più quella in cui, o vicino alla quale, abiti, quando queste case messe a disposizione sono diverse, l'arrotondamento inizia ad essere una vera e propria attività lavorativa.

Difficile pensare che ci possa essere "sharing" tra un "host" che gestisce diverse case e un "guest" che finisce in una stanza random.

La mia famiglia, da generazioni, ha la tradizione di aprire le porte di casa ad amici di passaggio;  un'idea di condivisione, nella mia testa, ce l'ho.
Si condivide il tempo, si condividono gli spazi, pur cercando di dare all'ospite quanta più intimità possibile, ed al contempo di preservare l'intimità familiare.
Si condivide anche il cibo. Non invito una persona a casa per spedirla a mangiare fuori, a meno che fuori a mangiare non ci vada anche io. Si condivide il territorio, se l'ospite non è di queste parti lo si porta a vederne le bellezze.

Ora magari uno sconosciuto di passaggio, al quale affitto una stanza per "arrotondare", non è proprio come l'amico fraterno che mi viene a trovare a casa. Ma nel caso in cui volesse chiedermi cosa c'è da visitare, oltre al lungomare, nel momento di condivisione dello spazio e del tempo saprei illustrargli percorsi di qualunque tipo nel giro di 70 km in tutte le direzioni.
Eccetto che ad est: non sono una grande nuotatrice o appassionata di sport acquatici... 

Mi piace vincere facile dopo tanti anni in reception eh!

Ma al mattino, mentre preparo il pranzo, stiro le camicie, stendo il resto del bucato e programmo le altre cose da fare, come potrei fare la stessa condivisione  con tanti ospiti dislocati in tante stanze che si trovano in tante case diverse? E come potrei preparare e servire tante colazioni, cambiare la biancheria e ripristinare la pulizia degli ambienti per tutti?

Insomma, come posso chiamare condivisione quello che di fatto richiede  presenza fisica e mole di lavoro propri di un'impresa turistica, alberghiera o extra-alberghiera che sia?

Soprattutto, perché i soggetti che chiamano "sharing" quella che di fatto è "hospitality" devono avere regole diverse da chi fa "hospitality" a norma di legge? 

Cosa spinge le persone a cercare un alloggio di questo genere rispetto ad una stanza in un hotel? Una mera questione di prezzo o la nostra ospitalità manca di accoglienza? E perché non un b&b o un affittacamere tradizionale?

A conti fatti, ne vale davvero la pena?

Un post alla volta, per carità! Non abuserei della pazienza di chi legge.


Maleducati ossequi.

LaReception






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